venerdì 19 settembre 2008

Altro caso di avvelenamento ad ARCO: forse non tutti i cacciatori sono uguali.


Da L'ADIGE del 16 SETTEMBRE 2008

Arco (TN) In una lettera aperta, la denuncia del proprietario Mauro Bonora, rettore della riserva di caccia
Un altro cane vittima del veleno

Arco (TN) - «Era solo un cane. È questo che continuo a ripetermi da quando ho ritrovato morto il mio Leo, avvelenato, nel giardino di casa, dalla mano di un anonimo che si è servito di un pezzetto di wuerstel ben "speziato" per uccidere un animale senza colpa. Leo non era un cane che disturbava i vicini oppure che aveva in odio i bambini che si avvicinavano al cancello di casa per accarezzarlo. L'unica sua colpa, quella che gli è costata una morte tanto atroce per una gastrite emorragica causata dal veleno, consiste nell'aver avuto come affezionato padrone il rettore della Sezione cacciatori di Arco».
Così inizia la lettera aperta dell'arcense Mauro Bonora, il rettore appunto della locale Sezione cacciatori, che segnala un nuovo caso di crudeltà verso gli animali. Il grave episodio è già stato denunciato ai carabinieri (la nuova legge prevede pene severe e il carcere per chi uccide gli animali) e gli organi di Leo sono stati inviati a Padova per l'esame tossicologico. «Il mio cane - scrive Bonora - è morto per punire il padrone, colpevole di aver applicato il regolamento che gli stessi cacciatori si sono dati, per far sì che la caccia non sia quella mattanza inutile e sconsiderata che molti ritengono, bensì una pratica necessaria all'equilibrio delle specie e alla salvaguardia ambientale. Questo è la caccia: decidere il numero degli animali da abbattere per ogni stagione, occuparsi del ripopolamento di alcune specie, censire i capi presenti e gli animali da abbattere perché malati, provvedere a pulire quei boschi che altri (e non i cacciatori!) sporcano e offendono». Insomma nel ricordare il suo cane, Bonora mette l'accento sul clima ostile che spesso i cacciatori respirano. Ma una cosa è la critica, la non condivisione di una scelta, altro è "punire" atrocemente una bestiola innocente. «Per me Leo non era solo il compagno di caccia, ma anche un animale dalla sensibilità quasi "umana" e, come ogni cane, ineguagliabile per il padrone». Rivolgendosi a chi ha dato i bocconi avvelenati, Bonora conclude: «Potevi graffiarmi o anche incendiarmi l'auto appena comperata, ma sapevi che non mi avresti fatto nessun male. Invece mi hai privato dell'affetto di Leo, mi hai escluso dalla stagione venatoria appena iniziata e, soprattutto, mi hai fatto provare sulla pelle quanto si possa essere malvagi e vigliacchi. Ma, allo stesso tempo, ti devo ringraziare: ho preso coscienza di un problema, quello dei bocconi avvelenati, dalle dimensioni enormi, che colpisce indiscriminatamente sia il cane vittima di una vendetta personale ma anche tutti quegli animali, domestici e non, che trovano casualmente esche letali».

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