lunedì 22 giugno 2015

Un'altra visione sulla vicenda orsi

Orso Bruno, Katmai National Geografic
Qualche giorno fa è stata annunciata la notizia che tanti aspettavano: “E’ stato identificato! L’orso ha un nome: KJ2, è una femmina di 12 anni… …”. Mi stupisco nel sentire queste parole. E’ veramente un nome? Buffo! Assomiglia di più a una targa o un codice che vengono assegnati ad un oggetto inanimato senza sentimenti, emozioni. Una sigla fredda, distaccata.  Un codice che vuole quasi entrare nella mente delle persone per confonderla, per sminuire la figura di questo animale: un nome infatti, viene assegnato solamente a chi ha un’identità, una personalità e quindi sentimenti. Tutto questo è stata negato a questa povera orsa, vittima solo di un incontro con l’uomo sbagliato.  Gli unici nomignoli o soprannomi che le sono stati assegnati racchiudono un’ingiustificata pericolosità: “orso mangiauomini”, “bestia feroce”. La gente si barica in casa, ha paura di uscire. C’è chi grida “Sel vedo mi dropo el sciop!” (se lo vedo uso il fucile!). Cacciatori che sembrano vogliosi di prender in mano le armi non appena arriverà il segnale, come fosse una guerra. Ma la vittima di questo conflitto chi è veramente?
Quella povera orsa non si è trovata a girovagare per scelta nel territorio trentino. E’ stato l’uomo con il progetto Life Ursus, avviato nel 1996, a voler ripopolare i nostri boschi con questi meravigliosi plantigradi. Il progetto però sembra “far acqua” sotto molti aspetti. Scrive Varotto “L’orso si trova a suo agio solo nella natura incontaminata e soffrì molto l’avanzata della civiltà, lo sconvolgimento del territorio in seguito a manomissioni umane, il disboscamento forsennato dei secoli passati”. Questa parole non credo siano inappropriate: l’unico vero predatore, nemico dell’orso è l’uomo. Grazie alla caccia per salvaguardare l’agricoltura e la zootecnia locale nel territorio sono rimasti solamente tre esemplari. Per salvaguardare la specie, il Trentino aderisce al progetto. Ma come ogni progetto ben fatto si doveva cercare di metter su carta tutti gli aspetti sia positivi che negativi: questo è stato fatto? Se la risposta è sì, forse non ci si ritroverebbe in questa situazione ora.
Reintrodurre l’orso comporta delle responsabilità che nessuno si è preso. Sono state prese delle vite come delle pedine e collocate in un territorio: pensavano forse che sarebbero rimasti fermi come delle  statuine? Era chiaro che in poco tempo l’orso si sarebbe spostato, si sarebbe riprodotto e avrebbe varcato i confini trentini fino ad arrivare nelle regioni limitrofe. La gente del posto era pronta a questa convivenza, forse forzata? Non importa, si sarebbe adeguata. Probabilmente era più importante ricevere un finanziamento dall’Unione Europea e dare un’immagine del Trentino più “selvaggio” e attraente per i turisti. Nessuno ha pensato che forse il Trentino poteva non essere idoneo per questo progetto. Sono stati interpellati esperti per dar luce al progetto e seguirlo negli anni? Oppure gli orsi sono stati mandati allo sbaraglio, sperando che qualcosa non andasse storto? E nel caso fossero sorti dei problemi? La risposta sembra essere pronta nel cassetto: abbattiamolo! Giochiamo pure con le vite altrui, seduti in poltrona.
L’incontro tra orso e uomo era scontato che prima o poi sarebbe avvenuto. Per prevenire spiacevoli inconvenienti è stata scritta una lista di regole da seguire nell’eventualità ci si imbatte in questo animale. Credo che questo sia stato un modo semplicistico di risolvere il problema. La popolazione ha paura dell’orso. Delle regole dettate e distribuite in giro di sicuro non bastano. La gente teme l’orso  perché non lo conosce. Chi è l’orso bruno? La maggior parte delle persone ha un’immagine negativa di questo animale. Lo associa all’aggressività, alla ferocia, alla potenza, attacchi all’ultimo sangue nei boschi, inseguimenti con fauci spalancate…. tutte qualità esaltate dai film, da certi documentari. Questa è la conoscenza delle persone. Forse è normale in quest’ottica temere il possibile incontro con l’orso.  
Se invece avessero spiegato che l’orso è un predatore occasionale e che la sua dieta è costituita per lo più da vegetali: foraggio giovane, bulbi, tuberi, bacche, funghi…. La parte animale della sua dieta invece è minima, parliamo solamente del 10% (insetti, carogne, roditori, tassi, ungulati feriti o ammalati…). Se quel giorno l’orsa avesse voluto uccidere, mangiare quell’uomo lo avrebbe fatto! Perché nessuno si chiede perché non lo ha ammazzato, non l’ha sbranato? Era lì davanti a lei indifeso, sarebbe bastata una sola zampata e si sarebbe aggiudicata un pranzo facile. Ma questo non è accaduto. Perché? Forse perché non era quella la sua intenzione. L’orso è un animale che non si è specializzato per la caccia, al contrario ad esempio del lupo. Quando vuole predare un animale di grosse dimensioni ricorre alla sua grande forza: basta una zampata sul capo o sul collo per provocare la rottura del cranio o delle vertebre cervicali con conseguente morte. Gli unghioni dell’orso anche se molto grandi non portano alla morte, infatti  loro ruolo è quello di scavare nel terreno, di rompere cortecce per ricercare gli insetti. Forse la paura dell’orso vista la poca informazione è giustificabile.
E l’orso invece? Conosce l’uomo? Sa che senza un fucile è innocuo? Poteva l’orsa sapere che quella persona urlando non poteva fargli di sicuro del male? Proviamo a metterci nei suoi panni. Stava passeggiando tranquillamente nel bosco forse alla ricerca di qualcosa da mangiare e ad un tratto vede una creatura mai vista prima che urla, agita bastoni… cosa poteva pensare? Forse ad una minaccia d’attacco, forse ad una forma di difesa per proteggere il territorio, la prole… ma come poteva immaginare, senza aver mai vissuto prima una situazione simile, che quell’uomo voleva solo allontanarla?
In mezzo al bosco si è creato un incontro tra due esseri che parlano due lingue diverse, sia nei toni che nei movimenti.
Il terrore provato in quel momento da quell’uomo deve esser stato grandissimo, credo impossibile da descrivere, ma sono convinta che abbia trasmesso quel sentimento di paura, di disorientamento  anche all’orso. Come sostiene il pensiero dell’etologia relazionale, “gli animali leggono l’energia che emettiamo. Se abbiamo paura attraiamo paura”.
Perché allora puntare il dito? Perché trovare una vittima e un colpevole? In quella situazione si è creato un momento di incomprensione, che purtroppo, data la mole dell’animale, ha portato a numerose ferite per l’uomo.

La soluzione che sembra stiano progettando i politici è quella di ridimensionare il numero degli orsi. Strana davvero: non avranno pensato che fra qualche anno potremmo ritrovarci nella stessa situazione di adesso? Ma soprattutto chi siamo noi per poter decidere CHI ha il DIRITTO DI VIVERE! Dovremmo iniziare a cancellare dai nostri pensieri questa visione antropocentrica dell’uomo che domina sulle altre forme vivente perché ogni animale, orso compreso, è un essere senziente, in grado di provare emozioni. Sono dell’idea che non si possa dall’oggi al domani trovare una soluzione facile per questa convivenza fra uomo e animale non-umano (in questo caso l’orso), ma fino a che non si aiuta la comunità ad avere una visione biocentrica, basata sul rispetto della vita di ogni singolo vivente sarà difficile risolvere questa situazione. Lo scontro che si creerà fra politici e animalisti non porterà alla soluzione. Sarà semplicemente una vittoria a metà, perché là fuori nei boschi rischiano ogni giorno di essere “casualmente” morti per la caduta di un masso, morti investiti, morti avvelenati… Daniza è stata il principio di innumerevoli discussioni sulla vita di questi orsi, ma sembra che a tutti sfugga il problema alla radice: la non conoscenza profonda ed empatica, porta sempre alla non consapevolezza. 

                                                                                                                                    Valentina Perina


Orso Bruno, Katmai National Geografic


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